“Sono Ferdinando Scianna. Grazie di essere venuti a visitare la mia mostra”.
Sono le umili parole che mi accolgono mentre mi accingo a visitare questa esposizione. La voce che esce dall’audioguida è quella dello stesso Scianna, profonda e sincera. Inizio il mio giro e basta uno sguardo per capire che queste fotografie si sanno muovere. Prendono lo spettatore e lo proiettano immediatamente nell’azione che quella foto è stata in grado di cogliere. Mi sento inebriata e attratta da queste immagini in cui si colgono le luci e le ombre, ma soprattutto le ombre di quella “Sicilia nera” tanto cara all’autore. In questa piccola divagazione su “viaggi, racconti e memorie“, Scianna pone l’accento su chi ha lasciato la propria terra, “se ne è fuggito” come ribadisce lui stesso, e non ha lasciato solo un luogo, ma anche un tempo che non tornerà più.
La sua fotografia si muove con la stessa fermezza sia nelle storie di sofferenza che in quelle più leggere, come il mondo della moda. E’ in questo particolare contesto in cui Scianna racconta di trovarsi nella particolare situazione in cui crea la realtà e non coglie la realtà. Questo ruolo da regista gli piace e lo diverte regalandoci degli scatti che hanno la stessa forza dei volti segnati dalla sofferenza, fotografati durante quei viaggi in terre desolate che possono solo dare una vita grama.
C’è bisogno di comunicare in questo mondo, sta a noi scegliere lo strumento. L’autore però ci dona una responsabilità che voglio trasmettervi con le sue stesse parole:” Non pretendo, non lo pretendo più di cambiare il mondo con le fotografie. Mi ostino però a credere che le cattive fotografie lo peggiorino”.
Image: Radio Veneto Uno – https://images.app.goo.gl/sMAByt8GaEUUHm8A9
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