La sveglia “copal” made in japan

Mi ricordo benissimo l’ora che vidi impressa nella notte in quella mia sveglia rumorosa ma ben calibrata e con il sapore del tempo che passa.
Tlak…Tlak….Tlak
Quei cartoncini che girano ogni sessanta secondi riescono a darmi una strana cantilena, una ninna nanna nelle notti che passo da sola, quando lui è dall’altra parte del globo o su di un aereo per raggiungerlo.
Mi ricordo benissimo l’ora, erano le 03:27.
Mi svegliai di soprassalto con il cuore in gola e con adosso ancora quell’incubo.
Raramente i sogni hanno ricordi tattili, ma quello lo ebbe.
E mi rimase addosso per tutto la notte ed il giorno a seguire.
La cosa che mi ricordo con precisione sono le scale.
La tromba delle scale era di forma quadrata e la ringhiera a cui mi aggrappavo per salirle era bianca e di un materiale di non particolare pregio.
La sensazione che ancora ricordo è quella che comunque quella scena impressa nella mia mente fosse il finale, la tanto attesa conclusione di una storia molto più intricata ma di cui non ricordo più nulla.
Quelle scale le salivo con una agilità ed una sicurarezza che raramente accompagnano i miei gesti quotidiani.
Ero un assassino.
Ed avevo fatto proprie quella padronanza e quella freddezza dei serial killer che molte volte sono stati raccontati.
C’era un fine per cui io salivo quello scale in quella luce del sole che entrava dalle finestre del ballatoio in cui mi ero per un attimo fermata, c’era la conclusione di tutto quanto.
Finalmente lo incontro.
Riesco a scorgere il suo viso attraverso la luce ed il suo viso è quello di Brad Pitt.
Solo che è lui che ha un ghigno sagace.
Un ghigno che mi fa comprendere tutto.
Porta gli occhiali scuri, ha i capelli corti e portati all’indietro, è seduto a cavalcioni sulla ringhiera e mi accorgo e tra le mani ha uno scalpo.
Improvvisamente mi rendo conto che le parti sono invertite.
Non sono affatto io l’assassino che ha trovato la sua preda, me bensì il contrario.
E lì realizzo.
Mi sfioro la parte posteriore del capo e sento il cervello vivo sotto le mie dita.
Quello scalpo è il mio.
Mi lascio cadere.
Mi lascio morire.
Mi lascio dolcemente andare.
Per sempre.

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