Il soggiorno sull’isola accade frequentemente, ma dura solo qualche giorno.
Nei momenti in cui uno scorcio di primavera pare affacciarsi, l’isola è un rifugio rassicurante.
I profumi sono la prima cosa a cui penso.
La luce la seconda.
La spiaggia deserta la terza.
Le persone si incontrano di rado e tutto sembra rarefatto: la luce, i gesti, gli incontri.
L’isola è lunga cinque chilometri e larga uno e mezzo.
E’ inquetante quanto sia piccola.
L’inquetudine sale piano piano, a mano a mano che i soggiorni cominciano ad essere più frequenti.
Il caldo è un’altra accezione che non le dona.
Molta gente e molto caldo rendono la permanenza poco sostenibile.
Cerco di non pensare di essere in uno spazio ristretto, circoscritto.
Esco a correre, è sera e l’aria è umida, tanto la lasciare le braccia bagnate.
Sudo troppo e lo sforzo diventa difficile da sostenere.
Anche se il buio aiuta a non vedere quanto si è limitati e imprigionati l’aria stessa ti fa capire dove sei.
Quell’aria pesante, che ti soffoca.
Come se stessi indossando una maschera antigas.
Lascia una risposta